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Normative

Stato di ebbrezza. A discrezione del giudice la sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità
Data pubblicazione : 2013-06-03

La sentenza della Corte di Cassazione n.21616 del 20 maggio 2013, notifica che la sostituzione della pena per guida in stato di ebbrezza con il lavoro di pubblica utilità avverrà in seguito alla scelta discrezionale del giudice preposto.

Stato di ebbrezza. A discrezione del giudice la sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità
Guida in stato di ebbrezza

SENTENZA CORTE CASSAZIONE

20 maggio 2013, n. 21616


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, QUARTA SEZIONE PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Presidente: Francesco MARZANO


Consigliere: Giacomo FOTI, Luisa BIANCHI, Luca VITELLI CASELLA


Rel. Consigliere: Umberto MASSAFRA


ha pronunciato la seguente Sentenza ritenuto in fatto

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di A. A. avverso la sentenza emessa in data 9.3.2012 dalla Corte di Appello di Torino che confermava quella del Tribunale di Alessandria in data 19.7.2011 con cui il predetto era stato condannato alla pena condizionalmente sospesa di mesi 4 di arresto ed euro 2.000,00 di ammenda, oltre alla sospensione della patente per anni uno e alla confisca dell'autovettura, per il reato di cui all'art. 186 comma 2 lett. c) C.d.S. (commesso il 31.5.2009).

Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione al rigetto del motivo d'appello con cui era stata eccepita la nullità dell'accertamento dell'alcoltest e relativo verbale per omesso preventivo avviso all'indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore: il tribunale, pur rigettando l'eccezione, poiché l'avviso risultava dal verbale di contestazione amministrativa, aveva contestualmente disposto l'espunzione dal fascicolo dibattimentale del verbale medesimo che dunque non poteva essere utilizzato ai fini probatori, né era possibile colmarne la mancanza con la deposizione del verbalizzante poiché tanto si poneva in violazione dell'art. 134 c.p.p., non essendo ammessa forma diversa di documentazione dalla verbalizzazione. Contesta, altresì, la ritenuta tardività della proposta eccezione.

Rappresenta, poi, la violazione degli artt. 62 bis c.p. e 133 c.p.p. ed il vizio motivazionale, dolendosi del rigetto del motivo di appello concernente il diniego della richiesta del riconoscimento delle attenuanti generiche, nonché dell'eccessività della pena inflitta.

Deduce, infine, la violazione dell'art. 186 comma 9 bis C.d.S. ed il vizio motivazionale atteso il rigetto del motivo d'appello con cui era stata riproposta la richiesta (immotivatamente disattesa dal Tribunale) di sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e va respinto.

L'accertamento strumentale dello stato di ebbrezza alcolica costituisce atto di polizia giudiziaria urgente ed indifferibile cui il difensore può assistere senza diritto ad essere previamente avvisato, dovendo la polizia giudiziaria unicamente avvertire la persona sottoposta alle indagini della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia (Cass. pen. Sez. IV, 8.5.2007, n. 27736 Rv. 236933).

Infatti, ai sensi dell'art. 114 disp. att. c.p.p., la polizia giudiziaria, nel compimento degli atti di cui all'art. 356 c.p.p. “avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia”; in mancanza di questo, non è prevista per il compimento di tali atti la nomina di un difensore di ufficio come disposto per altri atti (v. artt. 350 e 364 c.p.p.).

Ma come rilevato già dalla Corte territoriale, e a prescindere dalla ritenuta tardività dell'eccezione (contrastata dal ricorrente con dovizia di riferimenti processuali), il teste operante dei carabinieri ha riferito in sede testimoniale che il A. A. era stato regolarmente avvisato della facoltà di farsi assistere da un difensore, né il verbale de quo aveva funzione di documentare l'avviso ma il solo accertamento, né vi era alcuna violazione dell'art. 134 c.p.p., concernente l'omessa documentazione di atti processuali e non essendo comunque stata contestata l'omessa verbalizzazione dell'avviso predetto.

Inoltre, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. pen. Sez. VI 22.9.2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” v. Cass. pen. Sez. VI 4.8.1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all'art. 133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. pen. Sez. III 16.6. 2004 n. 26908 rv. 229298). Inoltre, la concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, tanto che “ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso” (Cass. pen. Sez. II, n. 3609 del 18.1.2011, Rv. 249163).

E certamente, nel caso di specie, non può ritenersi che la quantificazione della pena ovvero il diniego delle attenuanti generiche siano, frutto di arbitrio o di illogico ragionamento attesa la meticolosa ed esaustiva motivazione addotta dal Giudice a quo sul punto (pag. 3 sent.).

Ancora, correttamente è stata negata dalla Corte territoriale l'applicazione del nuovo beneficio introdotto dalla L. n. 120 del 2010 della sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità e ciò non tanto per la mancata richiesta di essere sottoposto alla maggior pena prevista con la legge posteriore al fatto, peraltro implicita in quella che invoca l'applicazione della novella normativa, quanto perché è l'imputato ne è stato ritenuto immeritevole alla stregua della valutazione di parametri di cui all'art. 133 c.p. per i precedenti specifici: infatti, il beneficio in questione non è sottoposto alla sola mancata opposizione dell'imputato bensì anche alla valutazione del giudice di merito, rientrando in una sua facoltà discrezionale (“può essere sostituita”), come tale esercitabile a seguito di una valutazione di merito che se congruamente motivata, come nel caso di specie, non è sindacabile in sede di legittimità.

Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Per questi motivi


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso, in Roma il 26 febbraio 2013.



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