Attualità
Nelle principali città italiane, negli ultimi 5 anni sono stati incassati 3 miliardi generati dalle contravvenzioni. Dal 2006 al 2011, quasi nulla di tutto questo “tesoretto” viene reinvestito e speso per la nostra sicurezza stradale.
Un fiume di denaro che si disperde in mille rivoli burocratici invece che andare per la buona “strada”. Parliamo di più di tre miliardi di euro “raggranellati” dai verbali delle forze dell’ordine in cinque anni (dal 2006 al 2010) incassati dalle 15 città più grandi d’Italia, che svaniscono misteriosamente nei meandri dell'amministrazione pubblica, calcolati per estensione, coi ricavi delle multe comminate in tutt'Italia dalle polizie locali e da quelle nazionali di Polstrada e Carabinieri. La media dichiarata ci parla di “appena” 30 milioni l’anno investiti in sicurezza stradale, un niente, destinato a migliorare di un “nonnulla” la situazione urbana e la bontà della nostra rete viaria. Dal rapporto della Fondazione “Guccione” e dell’Istituto Internazionale per il Consumo e l'Ambiente si evince che non esistono neanche rendiconti precisi degli incassi e delle spese per la sicurezza, manca totalmente un criterio omogeneo di trasparenza dei dati e le valutazione d’efficacia degli investimenti effettuati. Nonostante i precisi obblighi in vigore (Legge 120/2010), non esiste al momento nessuna relazione ufficiale, né dei Comuni, né da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sull'entità e modalità di spesa dei proventi ricavati dalle contravvenzioni stradali. Nemmeno la Corte dei Conti sembra particolarmente interessata alla materia. L'enorme peso delle sanzioni sui cittadini non riesce a far diminuire gli incidenti e il numero di vite perse, e cosi le stragi sull'asfalto da noi calano meno che negli altri paesi di Eurolandia. Forse è anche per questo “demerito” che l’Italia ancora non ha ancora finito di svolgere l’ingrato “compito” assegnatole anni orsono dall’Unione per la riduzione del 60% delle vittime della strada. Più che un sondaggio statistico, questo è un atto d'accusa “bello e buono” contro la cattiva e spesso illegittima gestione dei proventi ricavati dalle multe, che osservando l'Art. 208 del Codice della strada alla lettera, dovrebbero essere destinati a incrementare la sicurezza dei cittadini, tra pedoni e auto-moto-ciclisti. E invece, in gran parte, vengono utilizzati per le finalità più diverse e sempre meno tracciabili. Di chi è la colpa? A chi chiedere i danni materiali e morali per tutto questo “spreco”, se lo Stato siamo noi?
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